Club Dogo esce il nuovo album e il loro primo concerto a San Siro

Fin dall’uscita del loro primo album, Mi Fist (2003), i Club Dogo si sono imposti come il gruppo hip hop italiano più significativo degli ultimi vent’anni, aprendo la strada a una nuova generazione di rapper e a una vera rivoluzione nel panorama musicale nostrano. Lontani da ogni mezza misura, hanno scelto di non semplificare o smussare la loro produzione, riuscendo comunque ad arrivare a tutti. La spiccata attitudine di interpreti della realtà, il sound senza compromessi e il linguaggio mai edulcorato o politicamente corretto li hanno resi gli idoli del pubblico giovane, che in loro ha trovato una profondità ormai quasi assente nella musica italiana dei primi anni ‘00.

A distanza di dieci anni dal loro ultimo lavoro in studio, Non siamo più quelli di Mi Fist, e in uno scenario in cui il rap è diventato il genere predominante il loro ritorno è quanto mai necessario, sia da chi è cresciuto con loro, sia da chi li ha scoperti solo in un secondo momento.

L’attesissimo album della reunion, intitolato semplicemente Club Dogo include undici tracce in puro stile Dogo, con un occhio al passato e uno al futuro, concepite senza farsi condizionare da mode e trend, ma soltanto dalla voglia di essere ancora una volta all’avanguardia. “Qui per fare la storia / non per fare le storie” ribadisce Jake in C’era una volta in Italia. Ogni barra è densa di citazioni letterarie, cinematografiche, artistiche e musicali, e anche le più crude e controverse svelano in sé una metafora ben più significativa. Brani di pura autocelebrazione (come Mafia del boom bap, un tributo al sound dell’hip hop classico: “rimo fin da quando i rapper vestivano da rapper”, dice ironicamente Gué) si alternano a pezzi altamente introspettivi (come Malafede, che si apre con uno struggente sample di Sei mio di Nada e riflette su tutta l’oscurità che si può nascondere dietro una facciata scintillante. “Che la terra mi sia lieve / un po’ più dell’asfalto di questa città” si augura Gué; “A Milano è sempre inverno / perché ce l’abbiamo qui dentro allo sterno” riflette Jake).

Il disco è in costante equilibrio lirico tra esercizi di stile e tematiche più serie. Frate è un tripudio di punchline che giocano sul termine slang del titolo. Indelebili, invece, è una sorta di testamento spirituale del gruppo. “Giovani nati morti si fanno i selfie con l’Hennessy / perché non conta più essere, conta esserci” scandisce Jake; “Questa musica non parla di niente senza conflitto”, ribadisce; “Artisti senza talento, ricchi senza sbattimento / queste sono le bugie che ti vendono”, rincara la dose. “Qua cancellano persone e poi cambiano libri e film / più che l’intelligenza artificiale / mi fa paura la tua stupidità che è naturale” constata amaramente Gué.

La cura del sound, curata da un produttore dalla cultura musicale onnivora e dall’insaziabile curiosità come Don Joe, è una certezza in tutto l’album: i beat sembrano tratti da classici ma con una dose di contemporaneità e freschezza che fa tutta la differenza del mondo. Molti brani, infatti, ruotano interamente attorno alle sonorità prescelte. Nato per questo, con il featuring di Marracash, suggella il legame inscindibile con la cultura hip hop e i suoi giganti (“Farò piangere questa canzone”, dice Gué in apertura omaggiando Jay-Z e la sua Song Cry, prima di rendere un tributo a Nas, citando le storiche One Love e One Mic).  King of the Jungle è una dichiarazione d’amore alla musica giamaicana e alle dancehall che frequentavano fin da ragazzini, nonché la ripresa di un loro brano storico, l’amatissimo Note killer (2003). In sbatti gioca su sonorità che ricordano le colonne sonore più cupe e apocalittiche degli anni ‘80, come quelle dei film di John Carpenter: una sorta di cortometraggio distopico.

Il vero collante di tutto il progetto, il faro che crea luci e ombre nella poetica dei Club Dogo, resta però quello che li ha guidati per tutta la loro carriera: Milano. Una città di grandi possibilità e immense contraddizioni, nonché il luogo che chiamano casa, per cui nutrono sentimenti ambivalenti. “Milano, o mi perdoni o mi ammazzi: decidi” scandisce Jake in Soli a Milano (con il featuring di Elodie), una traccia che è una fedele descrizione del senso di onnipotenza e solitudine in quelle strade dove “è un fine pena mai”, come spiega bene Gué. Ma c’è anche spazio per la leggerezza, come in Milly (feat. Sfera Ebbasta), un brano giocato tutto sui diversi significati dell’omonimo termine in slang: i milioni di Lil Wayne, la città di Milano, la pornostar Milly D’Abbraccio e molti altri ancora. “A Milano City non ti sentono se strilli” afferma ironicamente Gué. L’alternanza di vari registri stilistici dei Dogo ha fatto scuola, definendo un immaginario a cui ancora oggi milioni di giovanissimi guardano e si ispirano. A giudicare dai risultati, è destinato a dettare il passo anche per il futuro, oltre ad aver scandito il passato e il presente del rap italiano.

I Club Dogo, gruppo fondato dai rapper Gué e Jake La Furia e dal produttore Don Joe, sono un’istituzione dell’hip hop italiano: per primi hanno abbattuto il soffitto di cristallo che confinava il rap in un campionato a parte, e con la loro crew, la Dogo Gang, hanno contribuito a portare al successo molti artisti di culto. Nel 2003 pubblicano il loro primo album autoprodotto, Mi Fist, considerato una pietra miliare del genere; il disco passa di mano in mano tra gli appassionati, partendo da Milano fino a conquistare tutta Italia. I successivi lavori (Penna capitale del 2006 e Vile Denaro del 2007, il loro primo album con una major) li traghettano dall’underground alle classifiche e al successo di massa. Segue una impressionante serie di successi di pubblico e di critica: album come Dogocrazia (2009), Che bello essere noi (2010), Noi siamo il club (2012, che li sdoganerà anche a livello radiofonico grazie al singolo-tormentone P.E.S.) hanno fatto la storia del rap. Il loro settimo lavoro collettivo, Non siamo più quelli di Mi Fist (2014), chiude un ciclo, lasciando spazio alle loro carriere soliste. A dieci anni di distanza, e a grande richiesta dei fan che non li hanno mai dimenticati, tornano a fare musica insieme: le 10 date in programma tra marzo e aprile 2024 al Forum di Assago, annunciate mesi prima che ci fosse notizia di un loro nuovo album collettivo, sono andate tutte sold-out in poche ore.

Il sogno di ogni zanza si è avverato, nel modo più clamoroso possibile: dopo 10 Mediolanum Forum sold-out nel giro di poche ore, e dopo l’ondata di entusiasmo e affetto che li ha travolti dopo la pubblicazione dell’album della reunion Club Dogo(uscito venerdì 12 gennaio via Island Records e già uno dei più ascoltati della settimana dopo appena poche ore, arriva un annuncio senza precedenti. I Club Dogo, infatti, culmineranno la loro lunga residency milanese con un concerto-evento in quello che è il tempio per eccellenza della musica milanese: lo stadio di San Siro. Non una semplice data aggiuntiva, ma uno show irripetibile e unico nel suo genere; una sorpresa fortemente voluta dal gruppo per ringraziare i fan del sostegno dimostrato per oltre vent’anni.

L’appuntamento è per il 28 giugno 2024 allo stadio di San Siro. Le prevendite saranno disponibili in tutti i circuiti autorizzati a partire da domani, sabato 13 gennaio, alle ore 14.00. https://bit.ly/ClubDogoSanSiro

Il concerto è organizzato da Vivo Concerti e Friends & Partners.

Gli organizzatori declinano ogni responsabilità in caso di acquisto di biglietti fuori dai circuiti di biglietteria autorizzati non presenti nei nostri comunicati ufficiali