Giacomo Poretti e il suo Funeral Home al Teatro Comunale di Limbiate

Al Teatro Comunale di Limbiate venerdì 19 gennaio alle ore 21 con il suo spettacolo Giacomo Poretti, insieme alla moglie Daniela Cristofori, affronta il tema della fine dell’esistenza con un inno alla vita e allo scorrere del tempo. Ci vuole coraggio a portare sulla scena un argomento scomodo come la morte. E ci vuole coraggio a riderci sopra. Si può ridere per eludere l’argomento, oppure usare la risata come una chiave d’accesso a un tema scabroso. Giacomo Poretti insieme alla moglie Daniela Cristofori si avventura su questi terreni impervi con l’arma di una comicità intelligente che unisce leggerezza e profondità di sguardo, portando in scena “Funeral Home” con la regia di Marco Zoppello.

Protagonista è una coppia di anziani che vanno a portare l’ultimo saluto a un amico in una casa funeraria, luogo che sempre più spesso sostituisce la chiesa.

Lei, Rita, vuole arrivare presto, lui, Ambrogio, ne farebbe volentieri a meno. La morte lo terrorizza, non vuole neppure parlarne, mentre Rita ne fa argomento di conversazione. Lui cerca di fuggire dalla realtà, lei cerca di riportarcelo. «Portiamo in scena la paura più radicata nel cuore dell’uomo – racconta Poretti –. La vita è così bella che tutti noi vorremmo non finisse mai. Cerchiamo di prolungarla, di renderla migliore, illudendoci di esserne padroni. La società in cui viviamo ci vuole eternamente giovani, aitanti, possibilmente senza rughe. E più o meno consapevolmente esorcizziamo il momento in cui l’esistenza finirà e dovremo interrogarci – se non l’abbiamo fatto prima – su quello che c’è “dopo”. Ammesso che ci sia un “dopo”, perché molti pensano che tutto finisca quando chiudiamo gli occhi e il cuore smette di battere».

La comicità può essere un grimaldello per affrontare argomenti da cui si starebbe volentieri lontani, si propone come qualcosa di apparentemente inoffensivo, di fronte al quale il pubblico abbassa le difese, si lascia coinvolgere e prova a mettersi in gioco. Forse più e meglio di quanto accade nella vita ordinaria, dove l’incapacità di stare di fronte alla morte e alle domande che inevitabilmente evoca rimanda alla crisi di significato che investe l’esistenza, e che in tempi difficili come quelli che viviamo ingenera paure e allarga le maglie della fragilità.

«Per carità, non vogliamo trasformarci in teologi da palcoscenico, non abbiamo la pretesa di fare la morale a nessuno – chiarisce Poretti –. E pensando a Francesco che parlava addirittura di “sorella morte” ci sentiamo dei nani di fronte a un gigante. Ci permettiamo però di rilanciare certe domande che rimangono generalmente inevase. Come dire, almeno parliamone».

Negli undici anni di lavoro come infermiere all’ospedale di Legnano, raccontati in tono semiserio nel suo recente libro “Turno di notte”, lui ha fatto i conti molte volte con la sofferenza e con la morte dei pazienti. «E ho maturato la convinzione che non può non esserci qualcosa che accade “dopo”, altrimenti sarebbe come lavorare in una macelleria».

Poretti direttore artistico al Teatro Oscar assieme a Luca Doninelli e Gabriele Allevi, con i quali qualche anno fa ha deciso di cimentarsi in una scommessa resa ancora più rischiosa dalla concomitante esplosione del Covid che ha paralizzato per mesi il mondo dello spettacolo. «Siamo ben consapevoli che Milano è una piazza popolata di teatri straordinari con programmazioni di alto livello, ma pensiamo che le voci debbano moltiplicarsi e che questa sia una città abitata da gente curiosa e disponibile alla novità. Per questo abbiamo coniato uno slogan che suona come una piccola grande sfida: “La sala è più emozionante del salotto”».